Il Timorasso tra storia e presente!

Il Timorasso tra storia e presente!

Cari Followers di Mari, oggi, grazie a Enoteca la Formica, vi parlo di uno dei miei vini bianchi italiani preferiti: il Timorasso. Quindi Cin Cin!!!

Un’uva piemontese che cresce, nella Provincia di Alessandria: da Novi Ligure a Tortona. Il Timorasso è un vino dalle origini antiche, avvolto di leggenda, radicato nella nostra storia e riscoperto solo recentemente.

Pensate che di questo vino si parla già negli scritti del 1300 di Piero de Crescenzi, purtroppo l’arrivo in Italia della fillossera all’inizio del 1900 e la successiva seconda guerra mondiale, fanno perdere le sue tracce.

La sua riscoperta è recente e si deve a un avveniristico viticoltore, Walter Massa, che negli anni 80 lo prova a ripiantare ottenendo risultati sublimi!

Il nome Timorasso segue il corso di una leggenda che vede una lotta tra due uomini per salvare una giovane dama.

In breve la leggenda narra che un bruto aggredisce la bella Elisia, Claudiano uomo senza paura la salva scagliando contro l’aggressore dei sassi. Venendo sconfitto il burbero molestatore si converte e decide di lavorare la vigna per Claudiano. L’uva bianca da loro curata prenderà il nome di “Timor del sasso”!

Il Timorasso gode di un colore giallo oro e vanta grande freschezza e mineralità. Un bianco che proprio per queste caratteristiche può essere bevuto anche molti anni dopo l’imbottigliamento e che in evoluzione prende profumi terziari meravigliosi!!!

Da Enoteca la Formica trovate il Timorasso, allevato a Derthona, la zona di elezione e quindi una delle sue espressioni migliori e più longeve, della cantina Broglia.

Un vino che se bevuto giovane ha profumi di fiori bianchi, miele e una nota agrumata. Perfetto da abbinare a carni bianche, verdure e piatti a base di crostacei!

Io personalmente me lo gusto anche così da solo! Per assaporare ogni sua sfaccettatura!

Grazie Enoteca la Formica per fornirmi sempre lo spunto per parlare dell’immenso patrimonio ampeleografico italiano!

Cin cin

A cura di: Letizia Miraudo

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